«Che cazzo hai fatto?»
«Che cazzo ne so. Mica lo sapevo che era carica…»
La neve diventa rossa, si confonde con il costume rosso, e rosso è pure il naso a patata di quel povero cristo, anzi no, del povero Santa, riverso nel parcheggio dell’autogrill, un paio di lampioni sparati sul misfatto, la bufera di neve e due rapinatori vestiti da babbo natale. Una scenetta coi fiocchi, come quelli che cadono da più di due ore e ricoprono il paesaggio. I bambini intanto aspettano davanti al caminetto. Quest’anno aspetteranno invano.
«Ma è proprio lui?»
Uno dei balordi si avvicina, da un calcio alla carcassa barbuta, come se quello bastasse a verificarne l’identità.
«Ma le hai viste le renne? Cazzo, e adesso che facciamo?»
«Come che facciamo, dobbiamo entrare nell’autogrill. La cassa è piena a quest’ora…»
«Come sei stronzo. Il colpo è saltato, non lo capisci? Bisogna nascondere il corpo. Forza, dammi una mano…»
«Ma che ce l’hai con me?»
«Sei tu che gli hai sparato, no?»
«Ma io non lo sapevo che era carica…»
«Stronzo… Muoviti!»
Le renne osservano la scena. Il vecchio Santa è bello grasso e ce ne vuole per portarlo fino al guardrail. I due balordi scivolano più volte sulla neve e sul sangue. Anche babbo natale sanguina, non lo sapevate bambini? Una volta fuori dalla luce dei lampioni i due si sentano più tranquilli. Le renne sbuffano, il vento fischia, un tir corre veloce sull’autostrada. È la vigilia.
«Prendili i piedi!»
«Ma questo peserà si e no centocinquanta chili…»
«Prendili i piedi e smettila di lamentarti, o ti giuro che ti faccio fare la stessa fine del vecchio!»
«Certo che potresti anche stare più calmo. Dopotutto è natale, siamo tutti più buoni…»
«Senti chi parla! Quello che ha appena ucciso lo spirito del natale…»
«Si, va beh… è stato un errore, dai!»
«Ci sei? Uno, due…»
La figura vestita di rosso vola sopra il guardrail, sprofonda nelle tenebre, ruzzola fino a fare splash. Il canale di scolo… Il vecchio Santa affonda nella merda, una scena da cinebrivido.
Ma ciononostante rimane la vigilia, le luci per la città, i bimbi in attesa, i camini, le comari che apparecchiano la tavola, l’albero, il presepe. Possibile mandare tutto a puttane? È a questo che sta pensando uno dei balordi, mentre riprende fiato appoggiato al solito guardrail. Guarda le renne e la slitta più in là, stracolma di pacchetti.
«Certo che sei proprio stronzo. E adesso tutti quei regali? Poveri piccini…»
«Carichiamoli sul furgone. Magari ci rendono un migliaio d’euro al mercato nero. Dopotutto il colpo è saltato…»
«Ma ce l’hai un cuore? È natale! Quelli appartengono ai bambini del paese. Dopo avergli ammazzato il vecchio li porteresti via anche i regali? Sei proprio un caso unico!»
«Si vabbé, ma mica lo sapevo che era carica…»
«Si può sapere cosa ti è saltato in mente? Perché hai premuto il grilletto?»
«Te l’ho detto, non sapevo fosse carica, e poi volevo solo spaventarlo, ma mi dev’essere scivolato il dito…»
«Scivolato il dito?»
Le renne sanno ascoltare. Sono secoli che ascoltano gli elfetti che si lamentano per lo sfruttamento sul lavoro. Diciotto, venti ore al giorno a costruire i giocattoli, verniciarli, impacchettarli. La grande fabbrica su al polo nord, voluta dalla Cocacola, si perché c’è la stramaledetta multinazionale dietro tutto il business. Anche il vecchio Santa non era altro che un dipendente delle alte dirigenze della bibita. E cosa vi credevate, bambini?
Così le renne ascoltano i balordi che litigano, ascoltano il vento che impreca, e non li sfugge neanche il rumore del suv che entra nella stazione di servizio. Ne esce un tizio con un cappotto beige che si mette a fare benzina. Non può fare a meno di notare i due balordi vestiti di rosso.
«Buon Natale!»
«Chi cazzo è questo?»
«Sshhhhhh! Stai zitto… Buon Natale! (rivolto al cappotto beige)»
«Accidenti che bel costume! C’avete pure le renne… fate le cose in grande quest’anno!»
«Eh già! Non vi dico quanto ci sono costate…»
«Posso immaginare…»
Il tizio se ne va a pagare, le renne sbuffano, i due balordi imprecano e l’ennesimo tir passa a tutta velocità a pochi metri dalla scena. La magia del natale. Volete sapere qual’è la vera magia del natale? Che anche se non esiste una magia, arrivati al ventiquattro sera ormai tutti ci credono.
«Non possiamo restare qui. Se quello si avvicina e vede il sangue sulla neve…»
«Di sicuro non possiamo restare qui. Fa un freddo cane!»
«Forza, muoviti. Apri lo sportello del furgone. Carichiamo i regali…»
«Oh, finalmente mi dai ragione! Vedrai, conosco un tipo in città che ce li piazza a un buon prezzo. Chissà, magari nel mezzo ci sono quei videogames che costano una barcata di soldi…»
«Piantala e muoviti, ti ho detto…»
«Ma come sei nervoso!»
Gesù è morto e sepolto. Non ha fatto la fine di Santa, che affonda lentamente nel canale di scolo con una pallottola nella pancia, ma non gli è certo andata meglio. Povero diavolo, crocifisso, lapidato, insultato… E noi continuiamo a festeggiargli il compleanno nel giorno sbagliato. Ma che ci ha fatto di male, mi chiedo. Poi uno si sorprende se accadono cose del genere per la vigilia…
«Attento, questo è pesante. Una bicicletta, credo…»
«Mica c’entrano tutti…»
«C’entrano, c’entrano. Mettili per bene e vedrai che c’entrano!»
Il suv riparte con uno sbuffo di vapori inquinanti. L’uomo in beige ha resistito alla tentazione d’indagare. Deve scappare a casa, da moglie e figli, è la vigilia, i tortellini in brodo, il cappone, e poi un salto in chiesa, tanto per rimanere nelle grazie del Signore. Una volta all’anno può bastare.
«Spostati, guido io!»
«Perché?»
«Ti ho detto spostati!»
«Ok…»
Il furgoncino dei due balordi descrive una “U” sulla neve. Le renne non fanno una piega, rimangono impassibili al loro posto. Aspettano il ritorno del loro padrone, Anche loro, come i bambini, aspetteranno invano.
«Dove vai?»
«In paese.»
«Che cazzo dici?»
«Hai presente l’albero gigante in piazza? Li mettiamo là sotto, che ne pensi?»
«Ma tu sei fuori! Gira il furgone e andiamocene a casa!«
«No. È il minimo che possiamo fare dopo quello che è successo, dopo quello che hai combinato…»
«Ma cosa ti prende?»
«Senti, fai come vuoi, pensa pure quello che ti pare, ma io a babbo natale ci ho sempre creduto. Quando ho visto le renne e quel tizio è stato come se tutto tornasse ad avere un senso. La famiglia, la vita, il lavoro, il natale… Avrei comunque rinunciato al colpo, lo capisci.»
«No, non ti capisco…»
«È successo qualcosa qui dentro, ho sentito il click del cambiamento, ho finalmente visto le cose con più chiarezza. Poi è partito il colpo ed è stato come un brutto risveglio, ma ho capito che tutto adesso ha un senso, l’incontro di stanotte, la rapina andata a puttane, noi che portiamo i regali in paese. Era tutto scritto…»
«Ma che cazzo dici?»
«Si era tutto scritto…»
«Attento! Quel tir ci viene addosso!!!!»
Pacchi pacchetti, pacchettini, lamiere, stracci di vesti rosse, rosse come la carta da regalo, rosse come la vernice del paraurti del tir, rosse come il sangue dei due finti Santa. Sull’autostrada innevata muore questa storia di natale, una storia balorda come tante, perché tanto il natale non esiste.
Non esiste nulla.
Non esiste niente.
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