di Miriam Carnimeo
Tra le lamiere di questa luminosa città, i topi se la ridono nascosti sotto le macchine. All’angolo di una strada, una banda di volti segnati dal freddo fa partire una bella canzonetta, una marcia gioiosa, sui suoni di trombe e tromboni, fa ricordare a chi siede con le spalle ricurve su solitarie panchine, le belle serate del dopo guerra trascorse ubriache a ballare sui tavoli, le piccole lucine e le penombre di teste che oscillano, le voci delle donne tra cristalli e brindisi. Un assolo di tromba spacca la memoria, all’improvviso, inghiottendo i passanti, gli amici, gli amori. In un deserto di slanci, tra il rumore delle macchine veloci e il suono costante della corrente elettrica tra muri e i lampioni, nascono pensieri tra i denti, immagini fisse di sagome in lontananza, che si ingrandiscono lunghe, senza mai toccarsi, così stanche, deboli e lente, si schiudono come bolle di sapone nella testa. Guardi il mondo, lo guardi molto ma sogni altro. Lo scandire di un si riempirebbe la bocca, fermerebbe il tempo senza lasciare niente al cosa resta. Adesso, svolazzano le tende adagiate sui vetri delle finestre, amanti di questo stesso silenzio costruiscono fotografie che in questa città, sembreranno domani un ricordo ragionevole. Ci vorrebbe una bella passeggiata lontana dal posto in cui mi trovo, lontano dal rumore, dalla forma dell’acciaio che lampeggia come sedotto dalle luci. Alzando la testa guarderei alcune nuvole come sfumate macchie bianche correre veloci nel cielo senza aspettare i miei passi lenti e incerti, disegnerebbero nuovi percorsi da seguire solo con gli occhi, senza più lacrime da dedicare al tempo ladro. Ma per fortuna c´è il mare, lo guardo consolare ogni dentro perso, ogni desiderio di sconfinare. Mi aiuta a godermi un sogno, dell’intensità di un grande amore, un abisso scuro forse, ma materno e senza porte chiuse in cui sentirsi vigliaccamente al sicuro. L´aquilone di un bambino guarda con interesse il mio filo legato a lui, intravisto, sottile, coreografico ponte tra le voci dei passanti ed i loro lamenti. È notte, il cielo è carico a scoppio, le stelle sono ovunque, giù e su si confondono, simile a me, che parlo da sola. Calmo le urla mentre il cuore batte, attendendo il momento in cui scorgere il volto di un uomo che torna, ha con se solo l’entusiasmo di un presente, e la raffinata arte della dimenticanza. Il passato non più punto fermo di un vissuto senza trasparenze né gioie con l’eco, senza più gabbie che tra i fumi emergono immense. Nell’adesso salvo, mai più perduto. Io, assettata di sincerità morderei il suo cuore per ricordare del mio, il senso.
Miriam Carnimeo – Altri Lavori
Foto di Miriam Carnimeo
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