Francamente non ricordo bene quando è stato il momento in cui ho capito di avere qualcosa di anormale; forse a otto anni, la sera in cui una mia cugina adolescente, dopo avermi costretto a fare la doccia insieme a lei con la scusa che sporchi non si può andare a letto, era rimasta per un sacco di tempo inginocchiata davanti a me con aria stupefatta.
In effetti la vicinanza della sua faccia al mio pisello lo aveva fatto lievitare a tal punto che me lo sentivo esplodere e soltanto allora mi ero reso conto delle sue dimensioni abnormi.
Ovviamente, benché intuissi qualcosa, ancora non riuscivo a realizzare fino in fondo il perché di tanto interesse da parte di una ragazza quindicenne, che da quel momento non perse occasione per restare sola con me facendomi spogliare con le scuse più bizzarre.
La cosa iniziò a diventare alquanto fastidiosa quando mia cugina smise di guardarlo e cominciò a pretendere di toccarlo. Benché inizialmente avessi provato un certo piacere, ben presto la sensazione predominante iniziò a diventare il solletico: non riuscivo proprio a resistere e mi torcevo dalle risate, provocando la sua ira.
Dopo un po’ quei giochi cessarono, forse perché la cuginetta non provava abbastanza soddisfazione o forse a causa del suo primo fidanzatino. Da quel momento tuttavia iniziai ad essere consapevole dell’interesse che il mio membro suscitava ogniqualvolta si rendeva visibile, anche da sotto un indumento intimo.
Quell’estate infatti, sulla spiaggia dove ero solito trascorrere le vacanze con i nonni prima, e con i genitori poi, mi divertivo ad osservare gli sguardi che arrivavano in mezzo alle mie gambe. Devo dire che tutti, proprio tutti quelli che incrociavo, fossero uomini o donne, giovani o anziani non potevano resistere dal dare un’occhiatina al mio costumino. La cosa mi appariva divertente, tranne quando percepivo sguardi morbosi, per lo più di uomini di una certa età, ma ben presto le cose cambiarono. Già l’anno successivo più che fierezza cominciai a provare vergogna, non volevo più girare per la spiaggia in costume e quindi rimanevo vestito.
I pochi amici che mi ero fatto mi prendevano in giro e dicevano che ero pazzo, che il caldo mi faceva male, che mi comportavo come i vecchi ma ciò non faceva altro che rafforzare la mia percezione di essere diverso. Il fatto è che avevo iniziato a fare confronti e mi ero reso conto di essere davvero l’unico, almeno fra quelli della mia età ad avere un pisello così grosso. Di nascosto leggevo e rileggevo l’enciclopedia medica di mio padre per capire se quella potesse essere una malattia, ma non riuscivo a trovare nulla in tal senso. Con i miei genitori non avevo intenzione di confidarmi, non ce la facevo e, nonostante mi vedessero spesso nudo, il fatto che non dicessero nulla poteva essere spiegabile con la volontà di non farmi soffrire.
Un po’ come era accaduto ad un mio compagno di scuola che si era ammalato di leucemia e, nonostante avesse perso tutti i capelli e fosse dimagrito, i parenti facevano finta di nulla finché un bel giorno era morto. Io ero convinto che avrei fatto la stessa fine! Questa convinzione rimase viva fino al mio ingresso nella scuola media, dove accadde un episodio alquanto spiacevole che tuttavia mi fece capire che la data della mia morte era ancora lontana.
Durante una festa di compleanno, alla quale i miei genitori mi avevano costretto a partecipare con la forza, alcuni miei compagni si erano chiusi in bagno insieme a due ragazzine. Per mia sventura, visto che avevo una gran voglia di fare pipì, avevo aperto la porta improvvisamente e li avevo sorpresi: i maschi avevano pantaloni e mutande a mezza gamba mentre le ragazze si scambiavano commenti e ridacchiavano. Vedendomi entrare così all’improvviso, il gruppetto aveva pensato che volessi partecipare al gioco e le ragazze avevano iniziato ad incitarmi affinché mostrassi il mio coso.
Poiché ero fuggito a gambe levate, e poiché le due pischelle erano considerate le più carine della scuola, iniziai ad essere chiamato “finocchio”. Fu uno dei periodi più tristi della mia vita, tutti i giorni tornavo a casa in lacrime dopo esser stato sbeffeggiato da chiunque, quasi quasi anche dai professori.
“Finocchio”, “ecco il finocchietto” “chissà che cazzettino minuscolo ti ritrovi!” e la più tremenda, pronunciata da una ragazza: “Sei troppo carino è un peccato che tu sia un finocchio di merda!” Le due cretinette poi non perdevano occasione per umiliarmi finché un bel giorno, durante un corso di recupero pomeridiano, le trovai ridenti davanti alla porta del bagno delle femmine.
Forse fu uno scatto improvviso di orgoglio, forse la frase abbozzata da una delle due: «Ecco il finoch……» , fulmineamente le afferrai per il collo e, dato che ero abbastanza forzuto le trascinai dentro. Chiusi la porta a chiave e le spinsi contro il muro beandomi dei loro sguardi terrorizzati, lentamente mi slacciai la cintura, sbottonai i Jeans e li feci scivolare insieme alle mutande. Data l’eccitazione che quella situazione mi stava provocando, ce l’avevo talmente ritto che svettava oltrepassando di qualche centimetro l’ombelico. Subito le parole mi uscirono dalla bocca senza che me ne rendessi conto, tremende: «ora me lo succhiate, o vi ammazzo!»
Le poverette scoppiarono a piangere riportandomi alla realtà, senza dire una parola mi rivestii, aprii la porta e me ne andai lasciando le due cretine singhiozzanti. Il giorno dopo successe il finimondo, i miei genitori furono convocati dal preside ed io fui espulso dalla scuola, consapevole che quella mia malformazione non fosse altro che un’innocua disgrazia.
La mia sofferenza tuttavia continuava, il senso di vergogna era più forte di me, non osavo guardare le ragazze per paura di innamorarmi e dover rendere pubblico il mio problema. Cercavo di non pensarci, ma era quasi impossibile, l’unica cosa che potevo fare era nasconderlo indossando indumenti larghi.
Con il sopraggiungere dell’adolescenza mi trovai a dover combattere con un vero mostro che alzava la testa quando meno me lo aspettavo e, nonostante i larghi indumenti, si rendeva visibile agli sguardi. Improvvisamente il complesso si modificò; avvenne il giorno che beccai mia cugina a letto con il suo ennesimo fidanzato.
Eravamo in campagna durante una rimpatriata familiare e dopo pranzo gli adulti e i bambini più piccoli erano andati a fare una passeggiata digestiva. Nel casale eravamo rimasti soltanto io, mia cugina ormai ventunenne ed il suo fidanzato che per la verità avrebbe voluto rimanere da solo con lei. Mi appisolai sulla sedia accanto al caminetto e fui svegliato da alcuni gemiti provenienti dalla camera da letto; subito il mostro si mise sugli attenti e la mia curiosità divenne irrefrenabile. Ovviamente sapevo benissimo cosa stava accadendo ma preferii fare l’ingenuo, così mi alzai e mi recai verso la fonte di quell’idillio.
La porta era socchiusa e sbirciando si poteva vedere il letto su cui i due stavano facendo sesso: mia cugina era sdraiata in posizione supina, le gambe larghe ed i piedi per aria, indossava soltanto un paio di calze autoreggenti bianche, il suo ragazzo, completamente nudo si muoveva spasmodicamente sopra di lei, su e giù, su e giù, sempre più veloce finché ad un tratto i due iniziarono ad urlare all’unisono. Dopo qualche istante di silenzio, il ragazzo si scostò, si alzò dal letto ed iniziò a rivestirsi.
«Devo proprio andare, i miei a casa mi aspettano.»
Mi nascosi dietro la porta accanto, praticamente in bagno ed attesi che se ne fosse andato. Rimasi fermo, immobile in attesa che anche la cugina se ne andasse e sussultai quando udii la sua voce: «Lo so che sei lì dietro, vieni un po’ qui!»
Era ancora nuda sul letto e mi guardava con uno sguardo divertito; erano passati ormai i tempi in cui eravamo due bambini che giocavano nella doccia, lei era donna ed anch’io non me la cavavo poi così male come uomo!
«E bravo il mio cuginetto, è tanto che non ci vediamo… chissà come sarà cresciuto!»
Notando il mio imbarazzo mi fece cenno di avvicinarmi, il mostro tirava da impazzire sia per la scena a cui avevo assistito, sia per la posizione che la cuginetta aveva assunto, seduta sul letto con le gambe incrociate, le calze sempre più lucide, la fica in bella mostra. Allungò le mani ed iniziò ad armeggiare con la cintura, dopo pochi istanti l’affare svettava abnorme e lei lo strinse guardandolo avidamente.
Feci per sdraiarmi sopra di lei ma mi respinse. «Ho appena fatto l’amore con il mio ragazzo, non posso, ma voglio comunque farti capire una cosa… »
Fece quello che sotto la doccia non aveva mai osato fare, avvicinò le labbra al membro e, molto lentamente, lo prese in bocca. Provai una sensazione paradisiaca, era la prima volta che facevo sesso, non mi ero mai nemmeno masturbato e se qualche volta la mattina avevo trovato le lenzuola bagnate da un liquido appiccicoso, avevo immediatamente cambiato il letto. Adesso non potevo ignorare quelle labbra golose, quella lingua ruvida, quegli occhietti assassini, stavo godendo da morire!
Non so nemmeno quanto tempo andai avanti, ricordo soltanto che ad un certo punto mia cugina sfilò il mostro dalla bocca se lo appoggiò alle labbra continuando ad accarezzarlo con entrambe le mani. Ci fu un’eruzione, otto, dieci schizzi di un liquido biancastro ed appiccicaticcio al termine dei quali il viso di mia cugina era una maschera acquosa. Non disse più nulla ma dopo essersi ripulita e rivestita sussurrò: «non sai che fortuna potresti avere fra le gambe!» Poi se ne andò.
Da quel momento la mia attività sessuale divenne a dir poco frenetica, mi feci tutte le compagne del college, le amiche di mia madre e perfino una professoressa che volle constatare se le voci che a scuola giravano sul mio conto fossero vere! Parevo la persona più felice di questo mondo, ma in cuor mio ero triste, mi accorgevo che mi mancava la cosa più importante: l’amore!
Provavo invidia per i miei amici che avevano la fidanzata, non facevano solo sesso ma c’era un rapporto fatto di tenerezze, di aiuto reciproco, di poter contare sul partner nei momenti di difficoltà. Con me le ragazze facevano sesso e poi… arrivederci e grazie!
La rabbia mi divorava e per spregio iniziai ad insidiare le fidanzate dei miei compagni che, più per la curiosità che per altro, spesso cedevano. Sovente aspettavo che fossero riaccompagnate a casa, che i ragazzi le credessero al caldo sotto le coperte a dormire e non a scopare selvaggiamente complimentandosi per le dimensioni del mio pene.
Raggiunsi punte di cattiveria così alte che un giorno, durante il matrimonio di un mio ex compagno di classe, mi scopai la sposina nel cesso del ristorante mentre lo sposo, che ci aveva sentiti, piangeva come un disperato battendo i pugni sull’uscio, il tutto cercando di non farsi sentire dagli invitati. Tutto ciò terminò quando conobbi Serena….
Non voglio soffermarmi più di tanto sulla storia… Serena era la ragazza perfetta… si era davvero innamorata di me. Non chiese di fare subito sesso, anzi, trascorsero molti mesi prima di farlo. A letto pareva indemoniata, è vero, ma per il resto era la ragazza più dolce e sensibile che avessi mai conosciuto! Iniziai a fare progetti… una vita insieme… dei figli… ero finalmente un uomo realizzato! Ancora non posso credere che quel giorno sia stato reale: la telefonata improvvisa di Serena.
«Dobbiamo vederci, è importante!»
L’incontro a casa sua, le parole secche come un proiettile in mezzo agli occhi: «Ti lascio!»
«Perché?»
«Mi sono innamorata di Luigi, lui non è solo un cazzo, è anche un uomo!»
CRASH!!!!
Ed eccomi qui, a 37 anni uno dei più famosi attori porno del Mondo, 38 centimetri di cazzo, 4 in più del mitico John Holmes, milioni di Dollari sparsi in tutte le banche del mondo, villa a Roma, villa a Parigi e naturalmente mega villa a Beverly Hills, oltre ad una collezione invidiabile di Ferrari d’epoca!
Dopo la storia con Serena tutto mi è stato chiaro, soprattutto le parole di mia cugina. È bastato un provino e subito i miei film sono divenuti dei cult… porno di tutti i tipi, con trama e senza. Ho recitato sia con le più importanti attrici hard di Hollywood, sia con le studentesse universitarie di Praga o Budapest, tutti i generi, dall’anal al cum-shot, dal gang bang al fetish. Pagato profumatamente non ho disdegnato di inchiappettarmi un paio di ragazzetti ventenni, film divenuto il più apprezzato dalle comunità Gay internazionali ma anche il più scaricato dalle massaie di tutto il Globo (e ovviamente dai padri di famiglia).
Fama, successo, denaro finanche la partecipazione ad un film non porno, una commedia, un blockbuster con attori famosissimi. Ogni tanto mi diverto ad andare a fare la spesa al supermercato e vedo che mi riconoscono quasi tutti, dagli adolescenti che scaricano i film di nascosto, alle madri di famiglia… qualche volta qualcuna di loro mi si avvicina, mi sfiora accidentalmente. Quando esco frugo nelle tasche e trovo biglietti con numeri di telefono ed indirizzi.
Solo una volta ho accettato una di quelle avances; ero a Los Angeles in uno WallMart ed ho visto entrare una donna, molto carina, accompagnata da due bambini ed un uomo, un buzzurro che la trattava malissimo. La donna ha aperto bocca ed il marito l’ha strattonata, poi ha fatto il verso di darle un ceffone. Ho notato che l’occhio sinistro della signora era nero; lei mi ha guardato e mi ha palesemente riconosciuto. Ho aspettato che si avvicinasse, che mi sfiorasse accidentalmente, sono uscito, ho frugato nelle tasche… la sera l’ho chiamata.
L’ho scopata 5 ore di seguito in un Motel sulla PCH, non riuscivo a farla smettere di ansimare, scopava e rideva, scopava e rideva! Quando se ne è andata era felice… qualche giorno dopo, per caso ho letto sul giornale che una donna di Santa Monica aveva denunciato il marito per violenze, l’aveva fatto arrestare per maltrattamenti ed abusi sui figli… c’era la foto del buzzurro e me ne sono rallegrato! Una scopata terapeutica.
Qualche giorno fa però, mi è accaduta la cosa più curiosa: stavo facendo il mio solito giro al supermercato quando mi si è avvicinata una donna allampanata, pallida, che io ho scambiato per un’accattona. Invece del solito approccio, mi ha teso la mano, ha abbozzato un sorriso e mi ha detto: «Ti ricordi di me?»
Sono rimasto interdetto
«Sono Serena, ricordi?»
«Scusa, sono passati tanti anni… io non…»
Siamo usciti, l’ho fatta salire sulla mia Testarossa e ci siamo diretti ad uno Starbucks vicino Malbù. Davanti ad un buon caffè mi ha raccontato la sua storia: si era sposata con Luigi e tutto sembrava filare liscio, avevano avuto tre figli meravigliosi. I soldi non mancavano e nemmeno dopo la separazione aveva avuto problemi economici.
Poi Luigi era stato arrestato per corruzione e truffa, aveva perso tutto, si era beccato vent’anni e non le aveva più pagato l’assegno di mantenimento. Disperata aveva cercato un lavoro, almeno per mantenere la casa, ma con tre bambini era stato impossibile e così si era ritrovata a dormire in macchina con le creature. I Servizi Sociali erano intervenuti e le avevano tolto l’affidamento, i piccini erano finiti in un Istituto. Adesso vivacchiava con lavoretti saltuari, dormiva in un camper, non riusciva a riottenere l’affidamento dei figli.
La guardavo con commiserazione, pensavo a quanto la vita a volte può essere crudele… fosse rimasta con me…
Si è fatto tardi, l’ho riaccompagnata al camper, ci siamo abbracciati, lei non voleva quasi staccarsi… ha iniziato a singhiozzare. «Perdonami, perdonami!»
«Non ci pensare, sono passati tanti anni!»
L’ho guardata allontanarsi, ancora un po’ mi faceva male. Prima di ripartire ho frugato nelle tasche, ho trovato un bigliettino con un numero, il suo numero. Ho messo in moto e in un baleno sono arrivato nella mia villa a Beverly Hills, sono sceso dalla Ferrari e a passo svelto sono entrato in casa. In cucina mi sono fermato a riflettere, ho rigirato nelle mani il biglietto, l’ho letto e riletto. Ho aperto bene il fogliolino, poi l’ho appallottolo, l’ho buttato nel trita rifiuti e l’ho distrutto…
…’sta stronza!
Massimo Mangani – Altri Lavori
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