Un elicottero tagliò il cielo notturno come una lama di rasoio gettando luci rosse e blu tutt’intorno. Rallentò in prossimità di un’imponente edificio scuro. Dalla finestra il Commissario lo vide scomparire dalla propria visuale, immaginandoselo mentre si poggiava delicato sul tetto e un drappello di poliziotti saltava giù, portandosi dietro il loro uomo.
Tra le mani il Commissario si passò una pallina anti stress. Aveva la fronte umida di sudore ed una morsa allo stomaco di strana tensione, ancestrale paura.
La porta dell’ufficio si spalancò alle sue spalle.
“Portatemelo qui e lasciateci soli” disse senza nemmeno voltarsi, senza nemmeno ascoltare veramente.
Quando l’agente uscì, il commissario attese qualche attimo prima di andare alla sua scrivania e far sparire la pallina anti stress dentro uno dei cassetti, quindi tornò davanti alla finestra.
Quella pallina gli sarebbe mancata.
Il tempo di socchiudere gli occhi, poggiare la testa contro il vetro freddo, ed un rumore alle sue spalle lo strappò di nuovo alla realtà. Il Commissario si voltò a guardare di sottecchi, ed eccolo lì. Il loro uomo se ne stava seduto all’altro capo della scrivania, le mani legate dietro la schiena, le caviglie ammanettate alla sedia, la testa china ed una massa di capelli unti che gli ricadevano sul viso.
La porta si richiuse e tutto ripiombò nella penombra.
Il commissario si poggiò con la schiena alla finestra e tacque per un lungo attimo.
I rumori della città notturna arrivavano da fuori.
“Sai, vedo persone come te un giorno sì e l’altro pure, quindi non pensare di impressionarmi con il tuo fare da duro, ok?” il Commissario si staccò dalla finestra e andò verso un mobiletto scuro, relegato in una angolo. “Per farti capire, negli ultimi tre giorni ho avuto a che fare con la reincarnazione di Elvis ed un sodomita di cani, tira tu le conclusioni” prese una bottiglia ed un bicchiere dal mobiletto. “Questo solo nell’ultima settimana eh, immagina che ho visto in vent’anni di servizio. Cose da non credere. Il lato peggiore della specie umana. E adesso arrivi tu. Per quanto mi riguarda non mi fai né caldo né freddo. Whisky?”
Il tizio tacque. Il Commissario rimise a posto la bottiglia ed ingollò un sorso di liquore.
“Ammetto che la trovata dei canini è stata ingegnosa e la stampa ci è andata a nozze. Hai regalato un po’ di brivido a questa città morta, il che non è da tutti, ma lascia che ti spieghi una cosa: Bela Lugosi è morto da un pezzo e come forse avrai già capito da te, a me non vanno proprio a genio certe buffonate.”
Il tizio cacciò un rantolo soffocato ed un filo di bava mista a sangue gli colò dal mento.
Il Commissario si sedette alla scrivania; sospirò, guardò l’ora.
“Le tre. La mezzanotte del Diavolo. Un orario perfetto per la resa dei conti, no?” bevve un sorso di whisky. “Ora, voglio che tu sappia che sei fottuto comunque ma la spada di Damocle qui la faccio io. Hai sette cadaveri nella tua cantina, tutti completamente dissanguati, una prova più che sufficiente per sbatterti in un manicomio criminale questa notte stessa, buttare la chiave nel cesso e tirare lo sciacquone, solo che abbiamo un problema, non grandissimo ma c’è. La scientifica ha trovato tracce di un ottava vittima. Macchie di sangue incrostato in un barattolo. Sangue non appartenente a nessuna delle vittime. Come ho detto, sei fottuto comunque, ma se ci dici dove sta la numero otto allora forse potrei presentare alla corte una perizia clinica con su scritto che soffri di ematodipsia o qualche altra cazzata del genere e magari ottieni pure uno sconto della pena” bevve un’altra lunga sorsata. “Ora la palla torna a te, campione.”
Nell’oscurità e nel silenzio, fu allora che il tizio parlò per la prima volta in un sussurro morente.
“A cena…” disse.
Il Commissario aggrottò la fronte. “Come, prego?”
“Non dove mangia, ma dov’è mangiato. Un concilio di politici vermi cena con lui.”
“Bravo Amleto, hai studiato Shakespeare, vuoi un dieci in pagella? No, perché questo non ti aiuterà a salvare il tuo culo secco” finì il whisky nel bicchiere, quindi si sporse sulla scrivania, verso il tizio. Emanava un odore rancido di cane bagnato. “Dimmi dove hai messo il corpo.”
“In cielo. Mandatelo a cercare lassù. Se poi non lo trovate, andatevelo a cercare, voi di persona, a quell’altro recapito. Se non lo trovate neanche lì, entro il corrente mese vi salterà lui stesso al naso su per la scala del faro.”
Il Commissario agguantò il telefono e compose il numero di un interno. “Al faro! Mandate subito una pattuglia. E venite a riprendervi questo stronzo tra dieci minuti. Prima me lo torchio ancora un po’” dopodiché riappese. Senza esitazioni fece il giro della scrivania ed andò alla porta. Il tizio seguiva i suoi movimenti con lo sguardo basso, celato dietro il muro di capelli.
Il Commissario fece scattare la serratura e si allentò il nodo della cravatta, quindi si avvicinò alle spalle del tizio. Si chinò su di lui e gli fece scivolar via le manette dai polsi e dalle caviglie.
“Senti, te lo dirò una sola volta e te lo dirò chiaro. Ho preso in mano quest’indagine dal quarto omicidio in poi e ho fatto di tutto per evitare questo momento, ma tu quando ti muovi sembri un elefante che si lascia dietro un olocausto di prove, quindi mi è stato inevitabile catturarti. Solo che non voglio. Hai reso un grande servizio a questa città uccidendo i capisaldi di alcuni tra i più pericolosi clan della città. C’è gente scontenta di ciò, molto scontenta, ma non io. Ho combattuto nella merda per una vita e poi mi sono reso conto che la merda infestava anche questa centrale.”
Il tizio si alzò, voltandosi a fissare il Commissario.
“Per quel che mi riguarda posso solo dirti grazie. Hai avuto le palle di fare quello che io ho solo e sempre sognato. Far cagare addosso Don Fernando, Kiriyama e tutto il resto della feccia.”
Il tizio non disse nulla, solo un flebile spicchio d’avorio fece capolino attraverso la giungla di capelli corvini. Un secondo dopo il Commissario venne tramortito da un gancio che pareva un tir e finì lungo e disteso a terra.
Quando rinvenne il tizio era sparito, di lui restava solo l’odore rancido dei suoi vestiti.
Marco Filipazzi – Altri Lavori
Foto di Paul Kehrer http://www.flickr.com/photos/paulkehrer/
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