di Massimo Mangani
“Se stai andando a San Francisco, assicurati di avere dei fiori fra i capelli”, così recita una vecchia canzone; io fra i capelli non avevo nulla quando ci ho messo piede, ma quando sono ripartito un pezzo del mio cuore se n’è restato laggiù!
Sarà perché quella città ha un’anima che ti penetra all’interno e poi non riesci più a mandarla via, come un chiodo fisso nel cervello, ci pensi e ci ripensi ed ogni volta una sottile nostalgia ti pervade e zomperesti sul primo volo diretto per tornarci ancora!
San Francisco è una vecchia puttana che ti occhieggia maliziosamente finché non cedi al suo richiamo, ti coccola come un figlio, ti seduce lentamente, ti ammanta con il suo rude fascino mascherato da raffinatezza tanto che tu poi ci vai di nuovo, e ancora e poi ancora e alla fine non smetti più di cercarla, la rivedi in ogni angolo della Terra, ogni occasione è buona per cercare di incontrarla ancora.
I suoi abitanti sono speciali, di una cortesia unica, fanno dell’accoglienza e della tolleranza la loro ragione di vita.
Durante le mie peregrinazioni nel dedalo di strade saliscendi della città, più di una volta mi sono fermato a chiacchierare con qualcuno, dalla massaia fuori dalla bottega dell’ortolano allo studente gay, allo scrittore politicamente impegnato, ed ogni volta la conversazione si è tramutata in una disquisizione filosofica sul valore della fedeltà coniugale, sull’affermazione dei diritti dei diversi, sulla strategia per portare finalmente la pace nel mondo!
All’imbrunire è bello perdersi nella confusione di Market Street e vagare con il vento sferzante sulla faccia, osservando questo spicchio di America che poi tanto America non è; imbattersi nei grandi magazzini illuminati a giorno di Union Square oppure salire al volo sullo sferragliante “cable car” e lasciarsi trasportare fino alla zona dei docks per respirare a pieni polmoni l’aria del Pacifico.
Se poi si incappa in una delle tipiche giornate invernali, con la sottile pioggerella che tamburella sulle strade e la fitta nebbia a coprire ogni prospettiva, la cosa migliore è spingersi fino a Chinatown che in queste condizioni fa molto Blade Runner e da lì proseguire fino a North Beach sperando di incontrare l’anima del vecchio Jack, incallito vagabondo con il suo Dharma e compagnia bella!
Insomma, la buona e vecchia Frisco non saprà deludervi e vi regalerà momenti talmente indimenticabili che una volta partiti vi chiederete se non sia il caso di mollare tutto, salire su un vecchio autocarro e mettervi alla ricerca di voi stessi, magri trovando impiego in uno studio di registrazione a Sausalito dove aleggiano ancora le melodie dei Grateful Dead e di quel folle genio di Janis Joplin.
Chissà, per il momento il ricordo più bello è uno squallido ristorante a forma di autobus sulla Chestnut dove ho pranzato con la mia famiglia; le facce stravolte dalla stanchezza per il troppo camminare, sembravamo saltati fuori da un romanzo di Steinbeck, ci siamo rimpinzati di hamburger e patatine fritte serviti da una discreta ragazzina, studentessa universitaria che si è intrattenuta molto con i miei figli permettendoci di mangiare in pace.
Eravamo soli in quello strano locale ed improvvisamente ho percepito un’intimità familiare che da troppo tempo non sentivo più.
Così, con le auto fuori che sfrecciavano a tutta birra e i sedili d’autobus troppo scomodi per mangiarci, un pezzetto del mio cuore ha deciso di rimanere lì e adesso, magari, se ne sta seduto su un molo nella baia.
Massimo Mangani – Le Mie Città