Sappiate che, nei remoti giorni in cui tutto aveva un mondo proprio ed ancora il grande maestro non aveva incominciato a baloccarsi con il “Giuoco del Miscuglio”, vi era un pianeta in cui regnavano i fiori. Essi vivevano in grande armonia colorando gli sterminati prati della loro terra, ma non erano fiori uguali a quelli che oggi conosciamo. Questa storia narra di un melodioso popolo di bellissime creature che regnavano su un intero mondo, ed avevano la capacità di comprendere, comunicare e muoversi a propria scelta.
Erano i favolosi giorni del Primordio, tempo in cui tutto ciò che oggi ci circonda altro è non era che un sogno. Viveva, in mezzo a questi prati colorati, un fiore spavaldo di nome Freio, una creatura imperfetta tra i perfetti, forse il primo degli scherzi di Aocs, il dio del Caso. Infatti, oltre ad essere estremamente pigro, Freio era anche oltremodo sfacciato e arrogante. Nonostante ciò i suoi compagni lo tolleravano come meglio potevano.
La superbia e l’accidia di Freio diventavano ogni giorno più insopportabili, forse anche a causa dell’indifferenza che gli altri fiori dimostravano nei suoi confronti. Egli riconosceva il suo torto, ma la sua incapacità di pentirsene lo rendeva ancor più schiavo della sua arroganza.
Venne poi l’estate e il sole incominciò a bruciare il cielo e i prati. I grandi saggi della comunità dei fiori, preoccupati per la torrida stagione, si riunirono in consiglio per decidere come risolvere il problema. Se la condizione non fosse cambiata al più presto, molti fiori sarebbero morti. Al termine della riunione i saggi comunicarono alla comunità che la miglior cosa da fare era lasciare i campi e recarsi sulle vicine montagne, dove la terra era più umida e i numerosi ruscelli avrebbero sostentato le loro necessità di nutrimento.
Adesso bisogna dire però che anche se all’epoca i fiori avevano la capacità di muoversi, dovevano faticare non poco anche solo per coprire piccole distanze. Ma la situazione si faceva ormai sempre più disperata, e così il popolo dei fiori si decise a partire.
Ma quel povero diavolo di Freio, standosene ben piantato per terra, si rivolse a suoi compagni e disse: “É estremamente indecoroso che una comunità di tali proporzioni debba farsi intimorire da una un po’ di solleone. Se davvero lascerete questi bei campi di sole per raggiungere le montagne, non farete che confermare ciò che avevo sospettato da tempo, ovvero che siete solo un mucchio di pistilli di pasta frolla!”
A questo insulto i compagni indignati risposero con un coro di protesta, ma senza badarci Freio concluse: “Ebbene, se volete intraprendere questo sgombero, non sarò certo io ad impedirvelo. Ma una cosa è certa; io non mi muoverò da qui!”
Gli altri, dimenticando i rancori, gli risposero: “Ma è una pazzia compagno! Se presto non pioverà il sole ti ucciderà. Vieni con noi e salvati!”
Ma Freio non desistette e rispose: “Andate sciocchi! Quando mai si è visto che un fiore debba camminare così a lungo per qualcosa che gli è dovuto sin dalla nascita. È ovvio che pioverà!”
Così, a un passo impercettibile, la comunità si avviò verso le montagne lasciandosi dietro di se il borioso compagno. E Freio non si mosse di un centimetro. Rimase lì, svettante sopra l’erba ormai secca, esibendosi nel più arrogante degli atteggiamenti, un vero e proprio affronto alle leggi della natura. Attese la pioggia, ma il cielo rimase limpido per giorni e giorni, finché il sole inevitabilmente essiccò i suoi petali ed inarcò il suo stelo. Ma prima di morire, una timida brezza prese per mano i suoi semi già maturi per esser piantati, e lentamente quello strano vento li depositò sulla Terra. Fu così che dai figli di Freio vennero generati tutti gli altri fiori, progenie che per scelta del loro primo antenato era condannata a restar piantata nel punto in cui nasceva, non possedendo più la capacità di viaggiare.
Tra i fiori è stata tramandata una leggenda che spesso, in una lingua non udibile agli uomini, viene cantata nei prati colorati.
Freio sui monti non volle andar
Rimase da solo sul grande prato
Bruciò così il suo cuore ostinato
Oggi qui siam costretti a restar.
Tratta dal libro: Favole dal paese senza eroi
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