FIUME ALLA PORTA

di Gaspare Burgio

La porta nera era socchiusa. Non l’avevano mai vista che chiusa, quasi invisibile, nel sottoscala del vecchio palazzo. Di lì, e per tutte le scale, veniva un forte odore di umido e cose muffite, ma era un odore che si sentiva spesso nelle case vecchie. Ivan si affacciò e poi entrò spavaldo, con Iuri dietro un pò esitante, che a lui le strane avventure non piacevano. C’erano di sicuro grossi ragni in quel posto, e chissà a chi apparteneva.
Dopo un certo numero di gradini oscuri si arrivava ad un grosso salone pieno di sedili di legno marci e un palco, in fondo, dall’altro lato. I due compagni di scuola si bisbigliarono all’orecchio qualcosa. In effetti c’era un omone che andava su e giù per il vecchio palco, mandando sinistri cigolii dalle assi marcite. Si accorse quasi subito dei due ospiti, si fermò, sorrise e fece un bell’inchino, di quelli di una volta. Ivan si avvicinò, mentre Iuri gli tirava la manica e suo malgrado lo seguiva, due passi dietro.
– È un cinema? – Il vecchio ridacchiò, e scese dal palco, facendo molta fatica. Era grasso, corpulento, con macchie sul naso e sulle mani. Pareva un elefante vestito.
– Uff… no, era un teatro.
– E non lo usano più? – Il vecchio sbuffò, e si sedette sul secondo gradino della scaletta di legno, prendendo del tabacco da sniffo da una scatoletta.
– Lo uso io.
– Sei un barbone? -,chiese Ivan, mentre Iuri gli dava una spinta al braccio ed esclamava “ma dai!”. Il vecchio rise.
– Oh, no. Sono solo un vecchio attore. Un tempo recitavo qui. Era un bel teatro, sapete? C’erano lampadari e tante decorazioni, – raccontò, allargando le mani come a ridipingerlo. – florilegi d’oro e d’argento, drappi rossi e c’era lo spazio per l’orchestra. Si entrava di là, vedete? Ma poi hanno murato la porta. Qui stavano fino a duecento spettatori. Gente ricca, sapete? Nobili, perfino Reali, e persone importanti che venivano tutte a vedere il Teatro.
– Non ho mai visto il Teatro -, ammise Iuri ad occhi bassi.
– Ah no? Accidenti, questo è grave -, riflettè il vecchio appoggiando il mento alla mano. – Il Teatro attirava persone da tutto il mondo. Si mettevano in silenzio sedute su quelle poltrone, che prima erano comode e rivestite di velluto. L’Orchestra accordava gli strumenti, si faceva buio, e poi gli Attori salivano sul palco, a rappresentare la loro storia.
– E che storia facevano?
– Oh, di storie ce ne sono tante, di tutti i tipi. Di guerra, di amore, storie buffe o storie tristi che la gente usciva piangendo. Ogni volta c’era una storia diversa, gli Attori imparavano la loro parte e la ripetevano qui, sopra questo palco, che era tutto dipinto. – Ivan si guardò intorno.
– Come mai non c’è più nulla? – Il vecchio tirò del tabacco, e poi sospirò.
– Il fiume. Stavamo raccontando “Molto Rumore per Nulla”, una storia molto bella, che alla gente piaceva tanto. Una commedia. Io e i miei compari stavamo sul palco a dire le nostre parti, quando si sentì bussare alla porta. Una volta, due volte, come se un ospite impaziente fosse rimasto chiuso fuori. Noi che si faceva il Teatro non ci siamo fermati, perchè Dio mi scampi, solo il fuoco al sedere può fermare chi sta recitando. E l’ospite doveva essere bello grosso, perchè i battiti alla porta erano grossi e forti. Batti e batti, alla fine la porta si spalancò, ed entrò il fiume. Il fiume in persona.-
– Naaaaa.
– Giuro. Sul mio pennacchio. Che confusione che ne scaturì! Immaginate le grasse dame, e i Nobili baffuti, col culo per aria che strepitavano mentre un mulinello d’acqua li trascinava per la sala. – Ivan e Iuri ridacchiarono. Il vecchio salì sul palco e iniziò a dimenarsi.
– “Aiuto, la mia mutanda! La mia mutanda!” -, fece con voce acuta, roteando su sè stesso.
– Madama, se non mi inganno, è finita in testa al Generale. – replicò, aggiustandosi finti occhiali.
– Contessa, mia Contessa, l’avevo scambiata per un canotto! Ecco la riprenda! – continuò con altra voce. – Ma se non è maleducazione, adesso mi congedo da lei. Sa, dovrei annegare… – I due marmocchi trovarono il vecchio estremamente buffo, Ivan soprattutto si reggeva lo stomaco dalle risate.
– Ma cavaliere… le pare il modo questo, di aggrapparsi ai miei baffi? – riprese con voce profonda. – Qualcuno mi fermi! Ma questo fiume, che impudenza! Avevo già fatto il bagno il mese scorso! – Il vecchio tornò a sedere per riprendere fiato.
– Non si dovrebbe mai scherzare sul pubblico. Il pubblico per un Attore è come il sole per un albero. Ma noi, sul palco, noi che eravamo gli Attori, iniziammo a ridere. Li guardavamo tutti rivoltati, trascinati, sballottati per la sala dal fiume, e ci sembrarono così strani e buffi, che ci scompisciammo senza poterci fermare.
– E poi? E poi?
– Poi il fiume se ne andò come era venuto, e portò via con sè, come tappi di sughero, tutti quei Generali, quelle Contesse, quei Capitani di Industria e quei ruffiani vestiti di trine. Mentre noi, sul palco, continuavamo a ridere a crepapelle.
Si udì a quel punto una voce che chiamava dall’alto del palazzo. Il vecchio capì, e fece un cenno con la testa. Alzò a fatica il suo enorme corpaccione, e prese a ramazzare. Iuri e Ivan corsero via. Ivan però si fermò in fondo alla sala, e alzò esitante un braccio per salutare, prima di scomparire a sua volta.
Il vecchio scosse la testa, rise, e riprese a lavorare nel vecchio Teatro nascosto.
– Fiume, fiume… -, sospirò. – Quando verrai a prendere anche me?

Gaspare Burgio – Altri Lavori

Foto di: http://www.flickr.com/photos/addictive_picasso/

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