VIAGGIO D’AFFARI

di Massimo Mangani

Ordino un’altra birra mentre osservo un grosso Jumbo variopinto decollare; mi ha sempre inquietato pensare come un oggetto così enorme possa librarsi con tanta leggerezza nel cielo.
Il pub stile inglese è piuttosto affollato e sono riuscito a malapena a ritagliarmi un posto vicino alla vetrata; guardo l’orologio, ho ancora un paio d’ore prima che chiamino il mio volo.
Sorseggio la birra fresca e mano a mano che la sento scendere per la gola mi rendo sempre più conto che dovrò prendere una decisione: l’ultima telefonata è stata davvero devastante.
Eppure è stata lei a spingermi verso questo lavoro, io non ci avevo minimamente pensato.
Subito dopo il matrimonio eravamo felici, tutto filava liscio, avevo rinunciato alla carriera per starle vicino e mi ero accontentato di un posto come professore di diritto presso l’istituto professionale della nostra città.
I guai sono iniziati dopo la nascita del primo figlio: le facce lunghe, i pianti notturni fino alla scenata dove mi aveva accusato di essere un fallito, di non guadagnare abbastanza neanche per comprare dei vestiti decenti per il piccino.
Per poco non era finita male quella volta, mi ero trattenuto, anche perché in fondo la situazione non mi sembrava così drammatica.
Avevo dato la colpa alla depressione post parto, ma con il passare del tempo le cose non erano migliorate e lei aveva iniziato a fare confronti con amici e parenti, puntualizzando il fatto che tutti se la passavano meglio di loro.
Proprio quando ero arrivato al punto di rottura era capitata l’occasione, un parente aveva masso su una società di trading ed aveva bisogno di un consulente legale.
A malincuore mi ero licenziato dall’insegnamento ma lo stipendio era circa il triplo e sapevo che in quel modo avrei reso felice mia moglie. In effetti ricevuta la notizia lei si era fatta scopare per due giorni interi ed era rimasta nuovamente incinta.
Con il mio nuovo lavoro avrei dovuto viaggiare in tutto il Mondo e durante le interminabili ore passate in aereo, con il ronzio continuo dei motori nelle orecchie, mi pigliava spesso la nostalgia dei miei alunni e delle riunioni con i colleghi della scuola.
Anche allora tutto era sembrato essersi sistemato, poi erano iniziate le telefonate disperate, le accuse di essere un padre poco di buono, incapace di trascorrere un fine settimana con i propri figli.
Stavolta ero arrivato a metterle le mani addosso ma mi ero subito pentito, lei aveva minacciato di denunciarmi, mi aveva sbattuto fuori di casa per un mese ed aveva raccontato tutto alle amiche.
Avevo continuato a lavorare e la situazione si era fatta sempre più insostenibile, lei mi aveva rivoluto a casa e per un po’ se ne era stata buona, poi aveva iniziato a tempestarmi di insulti, ultimamente si è messa a chiamare perfino il datore di lavoro affinché smetta di spedirmi in giro.
Ora rischio pure il licenziamento, il parente non gradisce le telefonate di mia moglie, questo forse potrebbe essere il mio ultimo viaggio quindi urge una drastica decisione.
Ordino un caffè americano mentre un Airbus tocca delicatamente la pista di atterraggio, lo sbuffo nero degli pneumatici è simile ad un lampo, guardo l’orologio, sono trascorsi circa 40 minuti, è ora che mi avvii verso l’imbarco, il volo sarà lungo e vista la stagione anche molto turbolento.
Appena arrivo a casa a Milano devo fare qualcosa, cercare di riprendere in mano la mia vita, uscire da questa situazione.
Ho anche pensato di ricominciare ad insegnare, magari in qualche scuola privata, ma non cambierebbe molto, starebbe buona per un po’, poi inizierebbe di nuovo con la storia dei soldi.
Sorseggiando il caffè dal bicchiere di polistirolo mi avvio verso il gate B35, adesso voglio soltanto dormire per smaltire il fuso.
Mi siedo sulle scomode poltroncine della sala d’attesa, non riesco a star fermo, faccio un giro negli altri gates, mi piace curiosare sui tabelloni luminosi, scoprire dov’è diretta la gente in attesa.
Nella mente inizia a prendere forma un pensiero, risento l’ultima telefonata, le cose tremende che mi sono state vomitate addosso, le minacce di battaglie legali per il mantenimento, col lavoro che non so se manterrò.

Ordino un’altra birra mentre osservo un grosso jumbo variopinto decollare; mi ha sempre inquietato pensare come un oggetto così enorme possa librarsi con tanta leggerezza nel cielo.
Il pub stile inglese è piuttosto affollato e sono riuscito a malapena a ritagliarmi un posto vicino alla vetrata; guardo l’orologio, ho ancora un paio d’ore prima che chiamino il mio volo.
Sorseggio la birra fresca e mano a mano che la sento scendere per la gola mi rendo sempre più conto di aver preso la decisione giusta: con la mano faccio “ciao ciao” come i bambini all’enorme aeromobile diretto a Milano MPX, il cellulare si mette a squillare, sul display appare il numero di mia moglie.
Lo lascio sul bancone, mi alzo lentamente e mi dirigo verso il gate C47, sento la suoneria sempre più fievole man mano che mi allontano, quando tiro fuori la carta d’imbarco squilla ancora.
Mi siedo sulle scomode poltroncine della sala d’attesa, sul tabellone luminoso lampeggia la scritta “SACRAMENTO”, non so perché l’ho scelta, mi piaceva il nome!

Massimo Mangani – Altri Lavori 

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