IL PROFUMO DI CIPOLLETTA

di GM Willo

Quando sento il profumo di cipolletta mi sembra di entrare in casa di Lina.
Lina era una vecchietta che abitava al piano di sotto, classe millenovecentodieci, sempre pimpante fino al suo ultimo giorno, un torrido pomeriggio di due estati fa in cui il suo cuore, dopo quasi un secolo di incessante lavoro, aveva deciso di non battere più.
A volte mi invitava a pranzo, in quelle domeniche in cui tutto sembra succedere sui campi di calcio, e il mondo pare fermarsi sugli spalti. Ignorando i messaggi degli amici che mi invitavano ad andare a vedere la partita insieme a loro, scendevo le scale del condominio e bussavo delicatamente alla porta della mia vicina. Il profumo dei suoi sughi si sentiva distintamente dal pianerottolo.
Lei era raggiante quando mi vedeva. Mi faceva accomodare al tavolo, apparecchiato con un’impeccabile tovaglia di merletti, la brocca di vino rosso e il cestino di pane fresco. Mi sembrava di essere in trattoria.
Io le parlavo del più e del meno, del mio noiosissimo lavoro, di mia madre che aveva un problema alla schiena, mentre lei si muoveva placida e precisa, rimescolando nei suoi tegami e commentando quello che io dicevo con teneri sorrisi. Durante tutto il tempo la televisione rimaneva accesa su un canale che dava solo telenovela brasiliane. L’immagine fotografica che mi è rimasta di lei è ferma in mezzo al salotto con un tegamino in mano e lo sguardo rivolto verso la TV.
Faceva la pasta corta in mille sughi, e non saprei proprio dire quale fosse il più buono. “La cipolletta…”, mi spiegava. “È lei il segreto di tutto…”
Ma amavo anche quelle fette spesse di carne che faceva ammorbidire nel sugo, e le sue insalatine piene di aceto, che mi facevano strizzare gli occhi.
Per tutto il tempo quasi non si metteva a sedere. Io le offrivo puntualmente di aiutarla, ma lei non voleva. Col tempo conclusi che quelle mie visite erano tra i pochi momenti speciali ai quali Lina si aggrappava, perché arrivati a una certa età, quando ormai tutti quelli più cari ti aspettano dall’altra parte, è difficile trovare dei pretesti per continuare questa buffa operetta che noi chiamiamo vita.
Poi veniva il caffè, fatto con la moka ovviamente. Io non riesco ancora a capacitarmi come fosse possibile che un caffè fatto in casa potesse avere un simile aroma. Me lo sarei giocato tranquillamente con quello del bar più esclusivo della città.
Lina ci ha lasciati un giorno di agosto, mentre io ero a in Grecia con gli amici. Quando tornai a casa e un vicino mi disse che era morta fu come un sasso scagliato con forza all’altezza dello stomaco. Mi sentii in colpa, e ci vollero alcuni mesi per riprendermi.
Oggi, quando soffriggo la cipolla, penso sempre a lei.

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GM Willo – Altri Lavori

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