IL TEMPO DI FINIRE – Seconda Parte

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I numeri lanciano la sfida. So che sono complici di Tempo-Che-Non-Esiste. Riconosco il pericolo che arrecano, ma non ci posso fare nulla. Devo accettarla.
Le nove cifre mi parlano insieme, ma non riesco a capire cosa stiano dicendo. Ognuna pretende di essere la più bella, di mettersi accanto a un’altra per essere ammirata meglio, di sfoggiare il proprio valore, reale e non, di potersi duplicare, triplicare, centuplicare, dividere, frazionare, copulare con una compagna per sentirsi più importante, battersi con la vicina per dimostrare chi è la migliore, quella che vale di più. Sono tutti davanti a me, nudi numeri dalla pelle nera, il sei dal ventre grasso, lo scheletrico uno, il due e il cinque flessuosi, l’otto imponente. Insieme mi guardano, si danno delle arie.
L’orgia è finita ma il gioco continua. Attendono una mia parola, un gesto, una risposta.
“Voi non contate un cazzo!” urlo. Poi li afferro ad uno ad uno e me li mangio, ma non riesco a digerirli e allora li vomito per terra creando una composizione astratta di colore giallo. Alcuni gatti malati che passano di lì si mettono a leccare quel vomito numerico. Mangiano tutto perché sono malati. Io invece me ne sto buono e tranquillo a riflettere.
I numeri sono complici di Tempo-Che Non-Esiste, di conseguenza non esistono nemmeno loro. Esistono solo l’infinito e lo zero… e forse anche l’uno.
“Via gattacci! Levatevi dei piedi!”
Dal vomito mangiucchiato dai gatti raccatto lo scheletro dell’unità, in grado forse di valere ancora qualcosa.
C’è un momento in cui è necessario spiegare. Spiegare la ragione per cui il bicchiere è rimasto vuoto, i cavi non hanno ancora risposto, la notte non è ancora scesa, il sogno non è ancora finito. Ho passato troppe notti ad affidare la parola alla musica. Questa sera sono andato a tempo con lei, inculandomi una realtà di una anno e mezzo fa, parole di ghiaccio che ferirono la carne tenera del neonato, Giovanni perduto nelle comete e nel gioco. Decisioni, cambiamenti, sofferenze… risultato: un nuovo corso?
Aspetto l’aria fresca di una passeggiata notturna obbligata, per soffiare via lontano la mia cara amica nebbia, che già mi far sentire una merda. Libertà ad ogni tipo di cancro, anche quando questo si chiama Sopravvivenza. Invento un bicchiere d’acqua per il mio umore ubriaco. Me la scolo in un sorso e concludo.
La verità è solo una: è scritta dentro di me, ma è ancora illeggibile. Mi ha fatto piacere scriverlo. Ho sentito, finalmente. C’era qualcosa, qualcosa che non ricordavo. Devo ringraziare D. per questi nuovi bagni d’inchiostro sulle pagine della mia vita. Mentirei se lo sentissi. Spero che sia lì, ma non voglio far finta di credere che esista davvero.
Ma non incasiniamoci oltre.

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Jonathan Macini – Altri Lavori

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Una risposta a “IL TEMPO DI FINIRE – Seconda Parte

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