I. Reietto
Schiavo della sua magia
Egli si duole dell’angoscia da essa arrecata
Chiuso nella sua torre distante
Reietto egli è
E poi un tormento lo assale
Ogni notte puntuale
Il sogno di quel remoto giardino
Bellezza e incanto i suoi contorni.
Ogni volta egli lo attraversa
Ne ammira i suoi squisiti disegni
Prati dagli infiniti colori
Pergolati in fiore
Roseti eternamente profumati
Fino a raggiungere
La Fontana al centro di esso.
Getti d’acqua cristallina
Bagnano il corpo di una marmorea statua
Fanciulla d’incomparabile bellezza
Triste è il suo volto.
Succube dell’onirica visione
Egli si appressa alla vasca d’acqua
Ai piedi della dama immota
Ed il riflesso del viso di Lei
Nella meraviglia dello specchio
Gli appare più adorabile che mai
Ma è in realtà ancor più triste
Un pianto senza fine
Le riga le rosee gote.
Nelle notti prive di pace
Egli si sveglia nel supplizio
Infelice pedina della magia
Egli è il reietto
Costretto a vivere nella sua torre
Nell’imperiture ombre della solitudine.
II. Nel Palazzo dei Pupazzi
Nel Palazzo dei Pupazzi
Ognuno si crede saggio nella sua follia.
Gagliardo è il Ranocchio Violetto
Buffone di una corte di buffoni
Piroetta e piroetta
Finché non si fracassa la testa
Ma non se la rompe
Perché è di gommapiuma.
Un orsacchiotto gigante è il Re
Seduto se ne sta sul suo trono
Sbalordisce la sua immobilità
Regna senza comandi
Il suo scettro è un lecca lecca.
Nella sala da ballo
Vestite di pizzi e merletti
Le bambole danzano spensierate
Deliziosi i loro giri concentrici
Una più bella dell’altra
Non si fermano mai.
Ed altri ancora…
Marionette impegnate a tagliarsi i fili
Teneri animaletti di peluche
Felicemente presi da stravaganti giochi
Girano e girano intorno…
E poi c’è il fosco talpone
Egli è diverso
Della sua mancanza di stupidità
Sembra quasi dispiaciuto
Si duole della sua solitudine
Invidiando gli allegri compagni.
Passeggia solitario per la foresta
Immerso nei pensieri dei suoi sogni
Si allontana a sua insaputa dal palazzo
E si lascia perdere nel paesaggio.
La foresta diventa palude
La palude diventa una montagna innevata
La montagna diventa un’isola
Perduto poi su un pianeta deserto
Egli si allontana sempre più
Nel remoto spazio
Nel buio
Egli si perde.
III. Incontro
Inconsapevoli entrambi del loro incontro
Si guardano senza capire
Poi il sogno scorre davanti a loro
L’intero viaggio in una sola immagine
Ed entrambi lo riconoscono
Scoprendosi parti di un stesso fato
Scoprendosi legati a quell’ideale incerto
A quella fanciulla di straordinaria bellezza
Incantata nel marmo di una fontana.
Ma l’uomo dal volto di ratto
Di essere indegno si convince
A mostrarsi a sì tale bellezza
Ignobile la sua orrenda figura
Di uomo che uomo non è.
Ed anche il Reietto
Conoscendo la sua maledizione
Si scopre immeritevole
La lurida magia che lo schiavizza
E lo incatena alla torre della solitudine.
Ma entrambi riconoscono infine
Illuminati da una luce nuova
Che i loro sogni hanno un fine
Al di là di ogni prova
Anche la più estrema.
IV. Il Corvo Reale
E il Corvo Reale vola
Libero nelle foreste oscure
Su per i picchi indomati
Giù nelle valli profonde
Incontrastato Re
Della parte oscura del cielo.
Immemorabile il tempo della sua comparsa
Dal suo mondo alto
Egli vive osservando ogni cosa
Nero come la notte più profonda
Signore di tutto e di tutti
All’infuori di lui
Lui che la magia sa plasmare.
E d’improvviso
Come un fulmine scarlatto per il cielo sereno
Il richiamo si fa sentire
Travolgendo i pensieri insondabili
Della creatura senza tempo.
Infastidito egli volteggia adirato
Cercando di occultare il richiamo
L’unica catena che lo imprigiona
Che lo priva della completa libertà.
Nella sua furia si getta verso un falco
Lo divelta con foga
Ma ciò non lo calma affatto
E di nuovo il tormento lo travolge.
Ma il richiamo si fa adesso più forte
Lo immobilizza nel suo volo costante
Consuma la sua ultima difesa
Ma si costringe poi a piegare la sua volontà
Improvvisamente vira verso correnti nuove
E segue il richiamo.
E così avvista la Torre.
V. Il Volo
Mago e Volto di Ratto
Cavalcano i cieli sul Corvo Reale
Vagano attraverso la distanza ed il tempo
La loro meta è il Giardino dei Sogni
Sospinti da nuove correnti
Sorvolano il mondo conosciuto
Attraversano lo spazio ed il tempo
Fino ai confini del Nuovo Mondo
E più in là ancora.
Si avventurano in ascese e picchiate
Nelle bufere dell’estremo Nord
Essi dispersi
Essi ritrovati
E poi nelle calde notti dei Deserti Meridionali
Fino e oltre il Mare senza fine.
Poi l’isola appare
Appare il Palazzo
Appare il Giardino dei Sogni
Dove la fontana li attende
Un’attesa che dura da un’eternità.
E alle porte del Giardino
Il Corvo atterra lasciando i suoi passeggeri
Due colpi d’ali ed è già lontano.
VI. La Fanciulla della Fontana
Avvinti da oscuri messaggi
0 forse adulati entrambi dal fato
Essi rivivono il sogno.
Ed ecco che attraversano il Giardino
Estasiati ne mirano nuovamente
I prati ricoperti di fiori
I roseti infiniti
Nessun’altro luogo ne ospita di sì belli
I frutteti carichi di pomi
Siepi di un verde splendente
Meraviglie prive di aggettivi
Oasi inadatte a frivoli interpreti.
Appare la fontana
Un’emozione vissuta innumerevoli volte
Si rivela nulla davanti alla realtà
Ed essi si trovano di fronte alla statua.
L’acqua le scivola lungo il corpo
Perfetto nella sua pudica nudità
Si avvicinano insieme alla vasca
Ed entrambi scorgono gli occhi di Lei
La misteriosa fanciulla nel riflesso
Un volto velato
Nella sua perfezione
Da un pianto eterno.
Un solo tocco
Insieme sfiorano il velo dell’acqua
L’immagine si disgrega
Nelle increspature argentine
E la fanciulla adorata scompare
Liberata dal misterioso incanto.
Così lei si spoglia delle sue vesti di statua
Più bella di ogni cosa che la circonda
In un raggio infinito
Discende con fare aggraziato dalla fontana
Mentre i due uomini la guardano stupefatti.
Lei li prende per mano
Precedendoli li accompagna attraverso il Giardino
Nel suo Palazzo di marmo bianco
Pieno di mille meraviglie.
Li guida presso il suo giaciglio
Si adagia insieme a loro sul suo soffice letto
Ed essi si lasciano trasportare
Ammaliati dalla loro dolce regina dei sogni
Si abbandonano ai piaceri dell’amore.
VII. Lei
Lei
Divina nella sua purezza
Divina nel suo calore
Esplode in loro colmandoli
In un unico eterno abbraccio
Nutrendoli di felicità.
Ma l’acqua che da sempre la bagnava
Nella Fontana da Lei lasciata
È la più gelosa delle amanti
Adirata per la sua dipartita
Si adopera nella sua crudele vendetta.
I due uomini si svegliano da un profondo sonno
Carezza di sollievo dopo le tempeste di piacere
Ma di lei che senza freni li amava
Niente è rimasto
Se non un cuscino bagnato di lacrime.
Poiché disciolta ora è Lei
Nell’acqua gelosa che eternamente la carezzava.
Aeribella Lastelle 1996
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